Interazione fra genetica e ambiente
nella schizofrenia
GIOVANNA REZZONI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 02 novembre
2019.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie
o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione
“note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati
fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il
cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
L’importanza
dei fattori genetici nello sviluppo dell’endofenotipo cerebrale che causa le
manifestazioni sintomatologiche che si fanno rientrare nella diagnosi di psicosi
schizofrenica o schizofrenia è ormai certa, anche se non si è
stabilita una relazione semplice e schematica fra i criteri genetici di causa
attualmente noti e la concezione alla base della tassonomia clinica prevalente
in psichiatria.
Nel DSM-5 si
riporta un forte contributo di fattori genetici all’eziopatogenesi della
schizofrenia ma, subito dopo, si legge dell’assenza di storia familiare di
psicosi nella maggior parte dei casi[1]. Al contrario, nell’edizione precedente si citano dati
desunti dagli studi epidemiologici maggiori di quegli anni, che riportano una
probabilità di sviluppare schizofrenia di 10 volte superiore alla popolazione
generale per coloro che abbiano un parente biologico di primo grado affetto, e
un tasso di concordanza fra gemelli monozigoti più elevato di quello registrato
fra gemelli dizigoti.
Naturalmente,
quando si tratta del DSM-5, bisogna tener conto delle particolarità
metodologiche seguite dai suoi compilatori e del loro difetto di cultura semeiotica
psichiatrica, rivelato dalla mancanza dei criteri fondamentali per il
riconoscimento del delirio, col rischio di falsare una percentuale elevata di
diagnosi. In altri termini, se l’accertamento clinico di psicosi schizofrenica
si basa sulla presenza di deliri e allucinazioni, accanto ad
altri sintomi positivi e negativi, e si ritiene che differenze culturali fra
psichiatra e paziente giustifichino il considerare delirante un pensiero
espresso in uno stile poco strutturato grammaticalmente o poco sviluppato in
termini di logica linguistica[2], si deduce che gli autori non conoscano i criteri per
operare questa distinzione elementare, che ha consentito già alla psichiatria
jaspersiana di rilevare nel mondo la presenza trans-culturale delle psicosi. E,
pertanto, si conclude che una pratica così mal fondata possa aver generato numerose
diagnosi sbagliate, soprattutto in quei paesi in cui la diagnostica
psicopatologica non è esclusiva del medico e vi accedono psicologi che nella loro
formazione non hanno mai visto pazienti. Considerato che la diagnostica del
DSM-5 costituisce anche il riferimento principale per la ricerca psichiatrica preclinica
e clinica in tutto il mondo, è ragionevole che le stime di riferimento siano
gravate da una percentuale non trascurabile di “falsi positivi”, ossia di casi
che ad una valutazione competente non risulterebbero affetti da schizofrenia.
Se tali considerazioni sono corrette, si deve concludere che il riferimento
alla familiarità per dedurre l’importanza dei fattori genetici è ancora più
aleatorio di quanto si ritenesse in passato.
Per quanto
ci riguarda, la lucida analisi concettuale che Tiwari e colleghi hanno basato
sugli esiti degli studi condotti in 50 anni su gemelli, famiglie e adozioni[3], ripresa di recente dalle più autorevoli trattazioni
neuroscientifiche, costituisce un riferimento certo per affermare l’ereditabilità
di fattori decisivi per lo sviluppo di disturbi che si manifestano
inequivocabilmente con i sintomi della schizofrenia.
La concordanza
del 50% negli studi di meta-analisi su gemelli identici, ossia di 5 volte
maggiore di quella che si registra fra semplici fratelli, fornisce un dato evidente,
soprattutto se si aggiungono le percentuali variabili nei diversi studi, ma
sempre significative, di altri disturbi psichiatrici nell’altra metà dei
gemelli non affetta da schizofrenia. Joseph T. Coyle e Glenn T. Konopaske
riferiscono di una concordanza fra gemelli identici di circa il 60%, rapportata
al 10% fra gemelli dizigoti e fratelli, e al 3% di parenti di secondo grado. L’assenza
di una concordanza del 100% fra gemelli originati dallo stesso zigote indica l’importanza
di fattori epigenetici nella trasformazione del genotipo in fenotipo.
Sulla genetica
della schizofrenia abbiamo già riportato in sintesi le nozioni principali
in molti altri articoli di recensione, ai quali si rimanda per le questioni
relative ai geni di rischio, ai nuovi metodi della ricerca genetica e a varie
acquisizioni recenti; qui ci si limita a sottolineare che, se per l’eziologia
la componente genetica è necessaria, per lo sviluppo patogenetico della
malattia mentale sembra non essere sufficiente. Pertanto, il rilievo, la
natura e i modi di intervento di fattori ambientali non sono più sottovalutati
da nessuna scuola di psichiatria. Il problema principale nello studio dell’eziopatogenesi
della schizofrenia è perciò attualmente rappresentato dalla comprensione dei
meccanismi molecolari che legano fattori genetici e non-genetici.
La
regolazione epigenetica del genoma dei neuroni cerebrali è stata considerata
da molti la principale candidata al ruolo di processo chiave nello
sviluppo dello stato neuropatologico alla base della sintomatologia.
Uno studio
condotto da Gusev e colleghi ha fornito prove convincenti che alterazioni
epigenetiche individuali nei neuroni della corteccia prefrontale abbiano un
ruolo determinante nella patogenesi della schizofrenia.
(Gusev F. E., Chromatin
profiling of cortical neurons identifies individual epigenetic signatures in
schizophrenia. Translational Psychiatry 9
(1): 256, Oct. 17, 2019).
La provenienza degli autori è prevalentemente
la seguente: Department of Psychiatry, University of Massachusetts Medical
School, Worchester, MA (USA); Department of Human Genetics and Genomics, Laboratory
of Evolutionary Genomics, Vavilov Institute of General Genetics of Russian
Academy of Science, Moscow (Russia); Department of Psychiatry & Department
of Neuroscience, Friedman Brain Institute, Icahn School of Medicine at Mount
Sinai Hospital, New York, NY (USA).
Lo studio della regolazione epigenetica del genoma dei neuroni cerebrali
fondamentali per i processi mentali da parte di Gusev e colleghi ha comportato
l’analisi, in neuroni della corteccia prefrontale (PFC) di pazienti schizofrenici,
dei promotori genici nella panoramica della cromatina aperta.
Studiando il genoma neuronico della PFC di numerosi pazienti affetti da
schizofrenia e di soggetti non affetti e corrispondenti per età, i ricercatori
hanno catalogato, basandosi sul tipo cellulare, i segnali epigenetici
dei siti di avvio trascrizionale (TSS, da transcriptional start sites)
marcati dalla trimetilazione dell’istone H3-K4 (H3-K4me3).
Una delle più importanti alterazioni della cromatina è stata individuata in
corrispondenza della sede del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) sul
cromosoma 6, evidenziando la coincidenza fra fattori di rischio genetici ed
epigenetici nella schizofrenia. Lo studio condotto nelle cellule cerebrali mediante
analisi 3C (chromosome conformation capture analysis) ha rivelato l’architettura
delle interazioni cromatiniche in punti multipli, tra siti polimorfici genetici
ed epigenetici associati alla schizofrenia e i geni localizzati a distanza
HLA-DRB5 e BTNL2.
I ricercatori hanno poi rilevato che le modificazioni della cromatina nei
neuroni erano particolarmente evidenti per i geni dell’RNA non codificanti,
compreso il gene non ancora caratterizzato LINC01115 e il gene recentemente
identificato BNRNA_052780. Da rilevare che i geni codificanti proteine con uno
stato epigenetico alterato sono più numerosi nelle vie dello stress
ossidativo e della motilità cellulare.
Nel complesso, i risultati di questo studio, per il cui dettaglio si rinvia
alla lettura integrale dell’articolo originale, dimostrano che rare alterazioni
epigenetiche individuali sono implicate nella patogenesi della schizofrenia:
un piccolo ma significativo passo in avanti in un campo complesso, che
richiederà ancora molti anni di intenso lavoro perché si possa avere un quadro
esaustivo.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni
di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanna Rezzoni
BM&L-02 novembre 2019
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e culturale non-profit.
[1] Cfr. AAVV., Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders
DSM-5, American Psychiatric Association, p. 103, American Psychiatric
Publishing, Washington DC 2013.
[2] Cfr. AAVV., Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders
DSM-5, American Psychiatric Association, ibidem.
[3] Tiwari A. K., et al. Genetics
in Schizophrenia: Where are we and what next? Dialogues Clinical
Neuroscience 12, 289-303, 2010.